A fianco della zona sistemata a giardini, l’area incolta denominata Campo Garibaldi e utilizzata dalla metà dell’Ottocento sia come piazza d’armi dai militari delle caserme vicine, sia per installazioni provvisorie, venne scelta negli anni Venti per la realizzazione dello stadio, prima grande struttura pubblica di carattere sportivo della città. Nei decenni tra le due guerre, l’interesse per le manifestazioni sportive andava aumentando, anche nelle città medie come Como, non solo per una maggiore diffusione delle diverse discipline, prima fra tutte il calcio, ma anche perché l’ormai assestato regime fascista ne aveva individuato il valore come occasioni di prestigio e consenso. Il bacino del lago era adatto per gare nautiche; alcuni campi periferici erano attrezzati per incontri sportivi; piazza Cavour era sfruttabile per le celebrazioni politiche; tuttavia Como era ancora priva di uno stadio capace di ospitare competizioni di una certa importanza. Durante le celebrazioni del centenario voltiano. si colse l’occasione per realizzare l’impianto, che venne dedicato alla memoria del campione olimpionico di canottaggio Giuseppe Sinigaglia, perito nel primo conflitto mondiale. Si trattò della prima opera pubblica del regime fascista a Como, apertamente propagandata come tale, con tutti i contenuti ideologici connessi a un’operazione così imponente e costosa, e in primo luogo l’identificazione dell’attività sportiva con la preparazione agli esercizi guerreschi e al servizio delle esigenze del regime.Il progetto venne affidato all’arch. Giovanni Greppi di Milano che seppe fondere le esigenze celebrative (i due fronti principali decorati con colonne di retorica ispirazione romana) e quelle costruttive (la più asciutta realizzazione delle parti funzionali in cemento armato). Egli cercava, in questo modo, di rendere meno traumatico l’inserimento dello stadio in una zona particolarmente delicata della città, ancora libera da edifici e interessante sia dal punto di vista paesaggistico che per la sua centralità. Insieme all’anfiteatro per esercizi ginnici, venne realizzata la pista per gare ciclistiche, con la collaborazione progettuale degli ing. Paolo e Vittorio Mezzanotte di Milano. Lo stadio comasco divenne così uno dei più aggiornati e completi d’Italia, successivamente integrato con altre strutture di carattere sportivo legate all’attività dell’Opera Nazionale Balilla. Tra le istituzioni che il regime fascista creò per assicurarsi il consenso della popolazione, alcune ebbero un importante riflesso sull’ attività edilizia e costruttiva. Si trattava, infatti, di creare le strutture dove le attività di controllo e di assistenza potessero esercitarsi; nella maggioranza dei casi, la necessità della propaganda condusse alla costruzione di nuovi edifici piuttosto che al riutilizzo del patrimonio esistente. Soprattutto l’Opera Nazionale Balilla venne accumulando un numero notevole di imponenti realizzazioni nel settore degli impianti sportivi. A Como, dove già esisteva uno stadio di recente edificazione, la Casa del Balilla venne ideata come rafforzamento delle strutture già costruite. Proprio la preesistenza dello stadio impose uno svolgimento obbligato su un’area lunga e stretta, addossata alle gradinate. Il progetto, redatto dall’ing. Gianni Mantero, fu risolto in un lungo allineamento di corpi di fabbrica di diversa altezza – tuttora conservati – per la piscina, la palestra e gli uffici. Venne così smontata la tacciata dell’architetto Greppi, visto che i nuovi edifici si innestavano direttamente alle gradinate, e furono modificati anche gli ingressi sugli angoli, ormai completamente stonati rispetto alle nuove realizzazioni. L’unico edificio staccato è la sede dell’Associazione Calcio Como, nell’angolo verso viale Masia. Particolarmente interessante è la piscina, realizzata con accorgimenti tecnici per consentire l’insegnamento del nuoto anche ai più piccoli; come nella sede della Canottieri Lario, una posizione di rilievo spetta al trampolino, elemento di fondo dietro al quale si trova un’originale abside vetrata, con serramenti apribili a bilico, analoga a quella della scala nel blocco per gli uffici. Nel dopoguerra, mentre gli impianti sportivi sono state utilizzati in modo continuativo, le sale degli uffici sono passate per alcuni decenni alla Motorizzazione Civile. L’aumentato afflusso di pubblico in anni recenti, soprattutto per le partite di calcio(che impegnano la struttura in modo pressoché esclusivo) ha reso però insufficienti le opere esistenti. Sopraelevate alla fine degli anni Quaranta le gradinate con strutture in cemento armato (su progetto degli ingegneri Enrico Ballerini e Luciano Trolli), cancellata negli anni Settanta la pista ciclabile per ricavare altri posti a sedere, negli anni Ottanta si è dovuto procedere a ulteriori lavori che hanno comportato prima l’ampliamento della curva ovest (1984), poi la totale ristrutturazione della tribuna principale (1990-1991), coperta con una nuova pensilina a sbalzo su progetto dell’arch. Enrico Mantero; contemporaneamente è stato condotto anche un restauro generale degli edifici lungo viale Sinigaglia, che evidenziavano un notevole degrado.